EN
Ricerca libera
Cerca nelle pubblicazioni scientifiche
per professionisti
Vai alla ricerca scientifica
Cerca nelle pubblicazioni divulgative
per pazienti
Vai alla ricerca divulgativa

Cistite post coitale recidivante: indispensabile una terapia multimodale

  • Condividi su
  • Condividi su Facebook
  • Condividi su Whatsapp
  • Condividi su Twitter
  • Condividi su Linkedin
15/05/2014

Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

“Soffro da tanto tempo di dolori alla vescica e di cistiti ricorrenti che si manifestano dopo il rapporto col mio compagno. L’urinocoltura risulta sempre negativa e devo ricorrere agli antibiotici, anche se ormai non mi fanno quasi più effetto. Ho fatto mille ecografie ai reni perché il dolore si estende al fianco sinistro e ho consultato vari urologi e ginecologi che, però, mi dicono sempre che è tutto a posto. Ho fatto anche un tampone vaginale per la candida e la clamidia, con risultato negativo. Non reggo più questa situazione. Preciso che ho 51 anni e sono in menopausa da sette, ma non faccio la terapia ormonale sostitutiva per problemi di noduli al seno”.
Antonia M.
Gentile Antonia, le cistiti postcoitali compaiono per definizione entro 24-72 ore dal rapporto e sono caratterizzate clinicamente da bruciore vescicale e uretrale, minzione frequente e dolorosa, con un dolore o bruciore che dura anche dopo la fine del getto, e talvolta perdite di sangue nelle urine (ematuria). La cura con antibiotici va bene solo se l’infezione è acuta: per liberarsi delle recidive bisogna invece lavorare sui fattori predisponenti, precipitanti e di mantenimento.
Iniziamo dai fattori predisponenti. Innanzitutto, vanno diagnosticati e curati gli eventuali i problemi intestinali: stitichezza e sindrome dell’intestino irritabile, ma anche intolleranze alimentari (specialmente al glutine o al lattosio), che peggiorano la vulnerabilità alle cistiti, e tutte le condizioni che infiammano la parete dell’intestino. I germi intestinali, infatti, penetrano nelle cellule intestinali infiammate (“traslocazione batterica”), entrano nel sangue e da lì passano alla vescica. Anche il diabete triplica il rischio di cistiti: per accertarne la presenza, basta valutare la glicemia e l’emoglobina glicata con un normale prelievo di sangue.
In secondo luogo, bisogna valutare:
- il tono del muscolo elevatore dell’ano: se è contratto, facilita l’irritazione dell’uretra durante il rapporto, oltre a causare microabrasioni dell’entrata vaginale (e questo, a propria volta, può causare dolore ai rapporti e infiammazione, sino alla temibile vestibolite vulvare);
- il livello di estrogeni vaginali, che condiziona sia il pH e l’ecosistema vaginale, sia la capacità dell’uretra di difendersi dai traumi meccanici e dalla risalita di germi dai genitali esterni: in caso di squilibrio (molto probabile nel suo caso, visto che è in menopausa da diversi anni e non fa la terapia ormonale sostitutiva), può essere ripristinato – sempre sotto controllo medico – con estrogeni locali, privi di rischi sotto il profilo sistemico.
Tra i fattori precipitanti ci sono il rapporto sessuale (il 60% delle cistiti compare 24-72 ore dopo un rapporto, proprio come nel suo caso), i colpi di freddo e lo stress acuto. I fattori di mantenimento sono l’omissione diagnostica dei fattori che determinano il problema, come purtroppo è accaduto a lei, e una terapia inadeguata (conseguenza pressoché automatica di una diagnosi mal fatta).
A fronte di una eziologia così complessa, la terapia include:
- la regolarizzazione dell’intestino, con eliminazione degli alimenti cui si sia eventualmente intolleranti e la limitazione degli zuccheri semplici;
- il rilassamento del muscolo elevatore contratto, con fisioterapia e/o biofeedback di rilassamento;
- l’ottimizzazione del livello di estrogeni in vagina, di cui abbiamo già parlato;
- gli estratti di mirtillo rosso e i probiotici, che aiutano a migliorare l’ecosistema intestinale e a proteggere la parete interna della vescica (urotelio) dagli attacchi dell’Escherichia Coli;
- il destro mannosio, uno zucchero inerte che intercetta l’Escherichia Coli e ne riduce la capacità aggressiva nei confronti dell’urotelio;
- l’evitamento della penetrazione finché non si siano normalizzati questi diversi aspetti: questo è un elemento molto importante, anche se richiede sacrificio;
- la massima attenzione ai colpi di freddo.
Nel caso in cui le microabrasioni del vestibolo vaginale avessero già provocato una vestibolite vulvare (problema però a cui lei non accenna), a questa terapia andrebbero associati:
- farmaci antinfiammatori, per bloccare l’iperattivazione dei mastociti, cellule del sistema immunitario che scatenano l’infiammazione;
- farmaci antimicotici contro un’eventuale infezione da candida, a cui la vestibolite è spesso associata;
- una dieta priva anche di prodotti lievitati (come il pane, la pasta o la pizza).
Un cordiale saluto.
Sullo stesso argomento per professionisti

Aggiornamenti scientifici

Vuoi far parte della nostra community e non perderti gli aggiornamenti?

Iscriviti alla newsletter