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Ancora vivi, perché ti sopravvivo

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12/11/2014

Tratto da: Marguerite Yourcenar, Les Charités d’Alcippe, 1929

Guida alla lettura

In questo delicatissimo sonetto, Marguerite Yourcenar narra che l’amore è più forte della morte, e che la pienezza del ricordo può riscattare il dolore del distacco. Nessun idealismo nelle parole della poetessa francese: questa poesia non è un inno astratto all’amore, ma un canto commosso rivolto alla persona un tempo amata e che ora non c’è più.
Nella sua brevità, la lirica è densissima di immagini e di idee: nulla – né il tempo, né altri amori – «impediranno mai che tu sia stato» (espressione di straordinaria forza epigrafica); la bellezza del mondo «ha preso il tuo volto» e «vive della tua dolcezza»; tu sei «come una luce d’oro che rischiara i miei passi» e «un po’ della tua voce suona nel mio canto»; sino alla straordinaria intuizione finale: «un poco ancora vivi, perché ti sopravvivo» e ti porto nel mio cuore, nella mia memoria, nella mia volontà.
Parole che richiamano quelle che un giorno il giovane Kim, marinaio danese fucilato nel 1945, disse alla madre: «Amerai ciò che ho amato, e io vivrò in te». O, per contrasto, quelle del Petrarca, che dopo la morte di Laura si rimproverava per esserle sopravvissuto: «Et io pur vivo; onde mi doglio e sdegno, / rimaso, senza ’l lume ch’amai tanto, / in gran fortuna e ’n disarmato legno». O ancora, per netta difformità di sentire, la disperazione di Angelo Ripellino, che alla moglie scriveva: «Dio esige l’impossibile, / Dio ci obbliga a morire. / E che sarà di tutto questo garbuglio di affetto, / di questo furore?».
Marguerite Yourcenar ci assicura che nulla va perduto, se permane il ricordo, se permane qualcuno che ci possa ricordare. E questa consapevolezza ci può educare a fare della nostra stessa vita un percorso degno di ricordo in cui ci sopravvivrà: in questo modo, anche per noi, l’amore potrà diventare davvero una forza più forte della morte.
Non saprai mai che la tua anima viaggia
come in fondo al mio cuore, dolce cuore eletto;
e che nulla, né il tempo, gli altri amori, gli anni,
impediranno mai che tu sia stato.
Che la beltà del mondo ha preso il tuo volto,
vive della tua dolcezza, splende del tuo chiarore,
e all’orizzonte il pensieroso lago
narra soltanto la tua serenità.
Non saprai mai che porto la tua anima
come una luce d’oro che rischiara i miei passi;
che un po’ della tua voce suona nel mio canto.
Dolce fiaccola i tuoi raggi, dolce braciere la tua fiamma,
mi insegnano il cammino dei tuoi passi,
e un poco ancora vivi, perché ti sopravvivo.

Vous ne saurez jamais que votre âme voyage
Comme au fond de mon cœur un doux cœur adopté;
Et que rien, ni le temps, d’autres amours, ni l’âge,
N’empêcheront jamais que vous ayez été.
Que la beauté du monde a pris votre visage,
Vit de votre douceur, luit de votre clarté,
Et que ce lac pensif au fond du paysage
Me redit seulement votre sérénité.
Vous ne saurez jamais que j’emporte votre âme
Comme une lampe d’or qui m’éclaire en marchant;
Qu’un peu de votre voix a passé dans mon chant.
Doux flambeau, vos rayons, doux brasier, votre flamme,
M’instruisent des sentiers que vous avez suivis,
Et vous vivez un peu puisque je vous survis.

Biografia

Marguerite Yourcenar (pseudonimo-anagramma di Marguerite Cleenewerck de Crayencour) nasce a Bruxelles l’8 giugno 1903, da una famiglia franco-belga. Il padre Michel, di origine borghese, è figlio di una ricca proprietaria terriera; la madre Fernande, di stirpe aristocratica, muore dieci giorni dopo la nascita di Marguerite, per una setticemia dovuta al parto. La piccola viene educata privatamente dal padre e trascorre l’infanzia nella villa della nonna Dufresne a Mont Noir, nel nord della Francia, e poi a Parigi.
Marguerite ha un’intelligenza assai precoce: a otto anni legge Racine e Aristofane; a dieci impara il latino, e a dodici il greco. Nel 1920, da poco trasferitasi a Nizza, pubblica sotto lo pseudonimo di “Marg Yourcenar” la sua prima opera in versi: “Le jardin des chimères” (Il giardino delle chimere). L’anno successivo compie il suo primo viaggio in Italia, soggiornando a Venezia, Milano e Verona; si reca con frequenza anche in Svizzera e Germania. Nel 1924 visita per la prima volta Villa Adriana a Tivoli e inizia la stesura dei “Carnets de notes de Mémoires d’Hadrien” (Taccuini di note di Memorie di Adriano).
Nel 1937 incontra Grace Frick, intellettuale americana, che sarà sua traduttrice e compagna per tutta la vita. Nel 1939, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, si trasferisce negli Stati Uniti: vi insegnerà a lungo letteratura francese e storia dell’arte, prendendo la cittadinanza nel 1947. Nel 1951 pubblica “Mémoires d’Hadrien” (Memorie di Adriano), il suo libro di maggior successo. A partire da quel momento inizia una lunga serie di viaggi in tutto il mondo.
Nel 1961 le viene conferito il dottorato honoris causa presso lo Smith College di Northampton, Massachusetts. Dopo la morte di Grace, avvenuta nel 1979, la scrittrice frequenta Jerry Wilson, il suo ultimo grande amore. Nel 1980 è la prima donna a far parte dell’Académie Française, una delle più antiche istituzioni culturali di Francia, fondata nel 1635 dal cardinale Richelieu. Nel 1982 l’editore Gallimard inizia la pubblicazione delle sue opere nella “Bibliothéque de la Pléiade” (una collana prestigiosissima che nel 1992, su iniziativa congiunta di Einaudi e Gallimard, verrà replicata in Italia con il nome di “Biblioteca della Pleiade”).
Nel 1984 viene coinvolta in un incidente d’auto in Kenya. Nel 1985, di ritorno dall’India, si sottopone a una serie di operazioni al cuore. Nel 1987 è colta da un ictus: muore all’ospedale Bar Harbor di Mount Desert, Maine, il 17 dicembre. La sua tomba si trova a Somesville, nel Maine, accanto a quelle di Grace e Jerry.
Fra le sue opere, oltre a “Memorie di Adriano”, spiccano “Alexis o il trattato della lotta vana” (1929), “Fuochi” (1936), “Il colpo di grazia” (1939), “Elettra o la caduta delle maschere” (1954), “L’opera al nero” (1968), “Archivi del Nord” (1977), “Anna, soror...” (1981), “Come l’acqua che scorre” (1982).
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